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La nobiltà del sapere e l’economia.

Troppo spesso mi capita di rispondere alla domanda : “cosa studi?”.

La reazione di chi me lo chiede di fronte alla risposta “economia” è, in genere, di schifo o di disprezzo, a meno che, ovviamente, la persona in questione non studi o abbia studiato anch’essa economia. In qualche caso mi viene anche chiesto che tipo di indirizzo o corso di laurea abbia scelto di intraprendere e, in queste situazioni, mi è davvero molto difficile far capire ai miei interlocutori che studio economia e che ‘economia’ non è affatto solo l’economia aziendale, disciplina che mette al centro degli studi l’impresa.

A questo punto pero’, in genere il mio interlocutore ha già cambiato discorso e non mi ascolta più da un pezzo.

Vi starete chiedendo come mai mi stia lasciando andare a queste sottigliezze e soprattutto dove voglio andare a parare con questo mio discorso. Il problema che voglio affrontare è quello della percezione del sapere e della “cultura” da parte della gente. Purtroppo viviamo in una nazione in cui ancora si hanno retaggi medievali riguardo all’approccio che ognuno di noi ha rispetto a determinate discipline o ambiti del sapere umano che ci porta a pensare ad una sorta di scala gerarchica tra discipline nobili e meno nobili e l’economia sicuramente è percepita come una delle discipline più infime da studiare, soprattutto in certi ambienti. La scuola italiana ovviamente non è esente da colpe, tutta impregnata nella sue radici neoidealiste e crociane, non ha fatto altro che inculcare volutamente o meno l’idea che esistono materie più importanti di altre e che è assolutamente vitale che ogni ragazzo che finisca il proprio ciclo di studi sappia chi è Alessandro Manzoni (o meglio sappia che è esistito un tale di nome A.M. e che è bene ricordare questo nome) mentre di Girolamo Cardano, giusto per fare un esempio, possiamo tranquillamente ignorare chi sia e cosa abbia fatto senza tema di esser tacciati di ignoranza.

Vilfredo Pareto

Le scienze economiche poi sono ignorate in gran parte delle tipologie di scuole esisitenti in italia, per essere relegate soltanto agli istituti tecnici commerciali o ad alcune scuole professionali. Continua a leggere ‘La nobiltà del sapere e l’economia.’

Leggere liberi da copyright©

Ciao amici!!!

Dopo lo sfogo politico e la bella parentesi scientifica di “Pina-pple”, ritorno a parlare di letteratura.

Ormai molti di noi sono così abituati all’idea del libro come “prodotto editoriale” che a volte ci si dimentica che la carta stampata è stata una grandissima invenzione finalizzata a facilitare lo scambio di contenuti, scoperte e… racconti; un mezzo, niente altro che un mezzo di comunicazione.

Ovviamente la comunicazione libera ha sempre dato fastidio ai potenti di ogni epoca, a tutti i livelli e, fin quando i libri in circolo erano pochini, averne il controllo era molto facile per governi e sovrani di tutte le bandiere.

Con la stampa meccanizzata il problema del controllo è divenuto di importanza cruciale ed ecco che quei mattacchioni degli inglesi, all’ inizio del settecento si inventano il concetto di copyright, inteso come diritto alla copia, alla stampa.

Il copyright consisteva in una patente, concessa alla corporazione dei librai di Londra, per stampare, copiare e soprattutto decidere cosa pubblicare sul territorio della corona.

Insomma amici, per chi ancora non se ne fosse accorto, il copyright è nato ed in parte è ancora un complesso meccanismo di censura preventiva e privatizzata che limita la diffusione e la circolazione di idee.

Le giustificazioni che negli anni e, ormai nei secoli, si adducono a difesa della legislazione sul copyright sono tutte mirate a far credere alla gente che il diritto d’autore vada a garantire un reddito adeguato a chi produce opere. In realtà nella stragrande maggioranza dei casi gli autori che rientrano nella categoria “comuni mortali”, e quindi tutti quelli che non sono star patinate e famosissime, sono schiavi degli editori, i quali acquisiscono dall’ autore il “diritto di copia sulle sue opere” previo un compenso, in genere piuttosto misero, ed in genere fruiscono dei soldini che la pubblicazione procura. Ovviamente, ripeto, nel caso in cui l’autore sia un comune mortale con scarso potere contrattuale, il compenso che spetta a quest’ultimo è INDIPENDENTE dalla tiratura delle copie o consiste in una retribuzione fissa accompagnata da una piccolissimissima percentuale sulla tiratura.

Ultimamente però qualcosa si sta muovendo.

Un gran numero di scrittori, musicisti, artisti e scienziati si sta ribellando a questo sistema di cose ed inizia ad aprire gli occhi su tutto il meccanismo, diffondendo liberamente i contenuti delle proprie opere e dimostrando in concreto che per gli autori la vita è, a volte, più facile senza avere il fiato sul collo degli editori.

Un ottimo esempio di questa maniera di agire e pensare applicato alla letteratura la potete trovare su questo sito : Wu Ming Foundation .

Se preferite aggiungo anche il link dell’area in lingua italiana:

http://www.wumingfoundation.com/italiano/presentazione.htm.

Su questi siti è possibile scaricare gratuitamente, con licenza di copiare, fotocopiare e diffondere, racconti, romanzi e scritti vari di questo gruppo di autori, peraltro molto prolifico (senza trascurare la qualità), che ha rinunciato alla “protezione” delle case editrici per essere liberi di scrivere quello che si vuole, come lo si vuole.

Buona lettura a tutti… liberi da ©

A presto.


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